Ho fatto la classifica dei gol più belli di Euro 2020. Avevo pensato di inserirne solo tre, ma non erano abbastanza, quindi sono diventati cinque. Di più no, perché sarebbe stato troppo facile.
5
O’ tir’ a gir’ di Lorenzo Insigne contro il Belgio. Che gli vuoi dire.
4
Paul Pogba contro la Svizzera. Con un’esultanza sobria, per una volta.
3
La prodezza da centrocampo di Patrik Schick contro la Scozia. Dalle riprese che fanno vedere la parabola della palla dalle spalle del giocatore il gol è ancora più spettacolare.
2 (Primo posto nel mio cuore)
Il gol in tre tempi di Federico Chiesa contro l’Austria. Stop di faccia, controllo di destro e tiro di sinistro. È Federico Chiesa sotto forma di gol: un finale che può pensare solo lui, un gesto lucido prima e uno tecnico poi.
1
Luka Modric contro la Scozia. [Senza commento.]
Benvenutə su Novelz, la newsletter che nel 2003 sarebbe stata un blog, dove troverai qualche riflessione sulla docuserie dedicata a Naomi Ōsaka, uscita da poco su Netflix, un video da YouTube molto speciale, i pezzi scritti da altrə (contiene Olimpiadi), cosa ho fatto ultimamente e qualche informazione su Novelz, se è la prima volta che sei qui.
Sotto la lente
Ho guardato le tre puntate della docuserie «Naomi Osaka» diretta da Garrett Bradley e distribuita da Netflix dal 16 luglio scorso.
Due anni e mezzo di produzione e registrazione, condensate in un totale di circa due ore, in cui la narrazione è affidata per la maggior parte del tempo a Naomi Ōsaka, con la possibilità, altrimenti difficile, di entrare all’origine dei suoi ragionamenti su se stessa, la sua carriera e la sua vita familiare.
Gli episodi si intitolano: Ascesa, dagli inizi fino al primo Slam, Mentalità da campionessa, dalle prime sfilate come co-stilista ADEAM fino al lutto per la morte di Kobe Bryant e Una nuova consapevolezza, dalla pandemia e dalle bolle dei tornei di tennis alle questioni più private di identità culturale.
C’è abbastanza tennis (fai la tara al fatto che lo sto scrivendo io: non ce ne sarebbe mai abbastanza, se fosse per me), soprattutto fuori dal campo, quello che riguarda il sacrificio, l’allenamento, le ripetute, gli esercizi senza racchetta a sudare sotto al sole. Soprattutto, c’è la lecita definizione del tennis come lavoro: nel primo episodio, Ōsaka parla di timbrare il cartellino sia in entrata sia in uscita e quest’ultima azione sta tutta nel vincere o perdere una partita.
A memoria, non ricordo unə tennista confessare apertamente e direttamente che il tennis (o uno sport, facendo un discorso più in generale) possa essere definito un lavoro, senza metterlo d’accordo con il piacere di farlo; spesso si ragiona in termini di “professionalità” quando questa manca: unə sportivə non è in momento migliore, non si allena abbastanza, non supera ostacoli a ripetizione, non vince nel modo che sarebbe lecito immaginare. Se vince o perde, quindi gioca e fa il suo lavoro, è appunto solo un gioco piacevole, dunque per forza accettabile in tutte le sue forme.
Ecco: no, non è solo un gioco. È un lavoro, e come tale va descritto.
Le puntate sono cucite perfettamente sulla voce di Ōsaka («Playing By Her Own Rules») che è penetrante, senza essere eccessiva; sobria, certo, come sa essere lei anche quando indossa colori fluorescenti su una copertina patinata, in continuo contrasto fra ciò che fa e dice e come. Oppure tra l’azione (parlare, giocare, commentare, fare uno shooting) e il punto più profondo della sua mente in cui si trova nel mentre: tanto il suo stile di tennis è istintivo, nella buona e nella cattiva sorte, tanto fuori dal campo è riflessiva, in continua lotta fra ciò che pensa e ciò che dice.
In molte sequenze, Naomi non è mai dove la vediamo, tranne quando la seguiamo sul campo da tennis. Come un robot, in partita o in allenamento si accende, fa il suo dovere, e poi passa ad altro; si può stare certi di questo: Naomi si attiva e si disattiva solo per lavorare ed è questo il motivo per cui avere a che fare con il contorno, come ad esempio parlare con le persone, con i giornalisti, non vorrebbe fosse obbligatorio — forse a questo punto si comprende più chiaramente. Nella serie, il tempo dedicato al tennis è quasi quanto il tempo dedicato ai photo shooting, alle interviste. Non ho contato precisamente, ma la percezione del racconto e che deriva dal montaggio è questa.
Il suono
Due sono le cose che mi hanno molto colpito da un punto di vista sonoro: la prima è che Naomi Ōsaka parla molte volte in voice over. Racconta il presente, cosa le accade, non sempre dei motivi e questa scelta porta il fulcro della narrazione a sdoppiarsi in due centri: quello suo e quello degli altri, come in una partita di singolare continua; saranno sempre fazioni separate e a volte troveranno il modo di incontrarsi, di rincorrersi, a volte no. Tocca agli altri squarciare il velo del non detto, delle ragioni, delle cause, o delle intenzioni, non a Naomi.
L’altra cosa è l’amplificazione dei suoni del tennis: le palline, il bounce sulla racchetta, i rimbalzi, l’accordatore, i passi svelti sul campo sintetico si sentono come se fossero dentro, come tumulti che si proiettano fuori, a un certo punto.
Gli altri
I genitori di Naomi Ōsaka compaiono molto di più nel primo episodio rispetto agli altri: sugli spalti, come sui campetti pubblici, quando una delle più grandi tenniste contemporanee non era ritenuta abbastanza brava. I semi del tennis di Ōsaka stanno dentro la famiglia, che ha spinto e sostenuto entrambe le sorelle, Naomi e Maria, a giocare, a ogni costo e senza una reale prospettiva, perché da piccole entrambe non erano predestinate e Naomi non sarebbe dovuta arrivare lontano.
Nell’episodio due, Maria è una presenza interessante, perché ci restituisce, a specchio, un lato preziosissimo della sorella: il dietro le quinte di un rapporto duraturo e lungo che si confronta con due anni in cui il successo diventa un fatto di famiglia, di entourage, di partner: nel tennis si è da soli, nel successo no, mai. Una scena emblematica è quando Naomi sposta il trofeo dell’Australian Open per far posto al dipinto a cui Maria ha lavorato durante un periodo molto ben preciso: da Indian Wells allo Us Open del 2018, quando cioè lei passa dall’essere quasi nessuna, tennisticamente parlando, all’essere moltissimo.
Una delle persone del suo staff, appena dopo il lancio della prima linea di moda ADEAM dice al cellulare: «La morale è che dobbiamo mettere in luce in suoi altri talenti, cioè oltre a essere una star del tennis» e durante il dopo sfilata sono tutti emozionati, la incitano a esserlo, ma il volto della superstar è insicuro, esattamente come alla fine di una partita, in quel tempo limbico, un po’ dopo il match point, prima dell’esposizione, quando torna alla panchina, sistema le racchette, butta le bottigliette e le bucce di banana e rimane a testa bassa — finalmente? — insieme all’unica cosa che rimarrà: il risultato, i vincenti, gli ace, i punti, qualche replay.
Wim Fissette, coach di Naomi Ōsaka dall’inizio del 2020, quando arriva cerca di riportarla sui binari sportivi: da poco salita, la tennista scende dal piedistallo e per il nuovo inizio della sua carriera Fissette è fondamentale. Nella docuserie entra nel secondo episodio e parla solo di tennis, di campi, di punti di forza, di aggiustamenti da fare, di ansia di raggiungere un obiettivo, di come Naomi Ōsaka sia sempre inconsolabile. È il Grillo Parlante, l’unico che la ragazza ascolta e che ha avuto subito un compito gravoso: portarla a vincere il secondo Australian Open della sua carriera (non ci riuscirà, non nel 2020, almeno).
Cori Gauff, detta Coco
La giovane tennista statunitense è raccontata come una delle colleghe a cui è più legata ma con cui ha un legame molto teso: come anche con Serena Williams, con Coco Gauff Ōsaka vince una partita importantissima e perde un match altrettanto fondamentale. Coco è ciò che Naomi è stata: la giapponese è ancora molto giovane, ma può già proteggere chi ha meno esperienza di lei o essere battuta da chi arriverà un po’ dopo.
Consapevolezza
«Honestly, tennis is not necessary for anything. I’m doing it, like I love doing it, but there’s more important things in the world. What would happen if tennis stop?»
Quando Naomi cresce, fa i conti con la vita indipendente che si trova davanti, con scelte personali da supportare, con il non sapere cosa fanno i suoi coetanei: l’attivismo, la scelta di uscire da un contorno di brava e silenziosa atleta la riempie di paura ma allo stesso tempo diventa imprescindibile. Dalle proteste in Minnesota, alla scalata dello US Open 2020, un passo alla volta, e sempre parlando il giusto, Ōsaka torna a essere la tennista che vuole vincere e la persona che vuole essere, fermando, per la prima volta nella storia del tennis, per un giorno intero i tornei.
Alla fine di un match dello US Open 2020, ai microfoni di chi per l’ennesima volta le chiede il perché delle mascherine risponde con una domanda: cosa vi ho lasciato?
Questione di diritti (tv)
Nel calcio femminile, dici diritti e per la stagione 2021/2022 dici DAZN e YouTube che hanno firmato un accordo per trasmettere in chiaro le partite di Champions League femminile fino al 2023.
Per promuovere l’evento (nel senso più ampio del termine) lo scorso 30 giugno è uscito un video che parla di occhi.
«We all rise with more eyes» non lascia spazio a troppe interpretazioni e troppe cose da aggiungere: più siamo, meglio è. Più guardiamo, più guarderemo. Più ne parliamo, più ne parleremo.
Scritto da altrə
I dati nel calcio, il rigore dell’Europeo, la gara delle canzoni dell’estate la vince Ornella Vanoni, la squadra di Mimì Ayuhara (sì, proprio la sua) e una newsletter sul clima.
«Oltre al possesso palla c’è di più»
Nicole Zavagnin sul magazine di Dataninja racconta cosa significa lavorare con i dati nel calcio, intervistando Matteo Pilotto di Calcio Datato (tra parentesi: nome geniale).
C’è un ragionamento specifico sull’Europeo, sui passi che nello sport si stanno compiendo rispetto all’uso dell’analisi dati e su come leggere i numeri oltre che vedere una partita aiuti a non avere dei pregiudizi nel commentarla e raccontarla.
Rigore
Il pezzo più bello che ho letto sul rigore di Jorginho all’Europeo contro la Spagna lo ha scritto Gianni Montieri, sta su Esquire e a un certo punto fa così:
Il rigorista è un uomo solo, l’ultimo rigorista è uno appena calato dall’alto su un pianeta sconosciuto con una sola possibilità di tornare indietro. Se segni torniamo a riprenderti.
Ornella
Giulia Cavaliere ha scelto la sua hit dell’estate per Rolling Stones ed è quella di Colapesce e Dimartino insieme a Ornella Vanoni: Toy boy. Scrive:
Toy Boy e il video di Luca Guadagnino dal canto loro intelligenti e sofisticati lo sono eccome, le luci da grande cinema sono orientate a toni cromatici che ricordano i colori di un cocktail con l’ombrellino in pieno tramontismo agostano e piante e fiori freschi e rigogliosi sono co-protagonisti della scena tropicaleggiante. «Ma secondo te chi guarda capirà che sono tutti freschissimi?», mi domanda Ornella. «Me lo chiedo perché secondo me hanno speso un mucchio di soldi per questi fiori, e sarebbe un peccato, ma sai com’è, oggi è tutto così finto che uno magari si confonde…».
Non scaldiamoci
Altro titolo geniale: Non scaldiamoci è la newsletter sul cambiamento climatico curata da Enrico Pitzianti per Wired ed è utilissima, soprattutto se, come me, non riesci a mettere insieme sempre tutti i pezzi che compongono il puzzle del cambiamento climatico.
La newsletter è settimanale ed è gratuita e ammette fin da subito di essere un «diario ambientalista», anche se del diario ha poco, almeno come concetto di soggettiva personale, perché ogni numero parte da un fatto o una domanda e finisce per cercare le ragioni delle risposte possibili, anche in articoli di altri, mettendole in fila in modo coerente.
Nell’ultimo numero, ad esempio, Pitzianti scrive:
Immaginate di vivere in un piccolo paesino del Canada, poco più a nord di Vancouver, all’incirca alla stessa latitudine di Londra, ma in media molto più freddo della capitale inglese perché montano e decisamente più distante dal mare. A questo punto immaginate che un giorno d’estate la temperatura salga oltre i 40 gradi centigradi, quando in media nello stesso periodo sono la metà. Poi a 45 e infine a 49. Dopo i primi giorni di sgomento, nelle ultime ore di giugno il termometro indica ben 49,6°C. Passa qualche giorno un enorme incendio scoppia tra i boschi intorno al villaggio, poi lo invade e lo distrugge. Sarebbe incredibile, no? E invece bisogna crederci, perché è appena successo.
Attack no.1 o Le Streghe d’Oriente
La storia di Mimì Ayuhara (te la ricordi, vero?) è tratta da una storia sportiva vera: quella di una nazionale di pallavolo femminile, le Oriental Witches, che hanno infiammato le competizioni negli anni Sessanta.
Il Dr. Manhattan racconta tutta la vicenda in un post che è la cosa migliore per entrare in clima Olimpiadi. A un certo punto fa così:
Tutto ha inizio nel 1953, in una fabbrica di materiali plastici di Kaizuka, nei pressi di Osaka. La proprietà dello stabilimento Dai Nippon Spinning Co. crea una sua squadra di pallavolo delle sue operaie, con l'ambizioso progetto di farne una realtà dominante nel mondo del volley nipponico. La cosa riesce grazie a un coach determinato quanto inflessibile, Hirofumi Daimatsu, che per i suoi metodi d'allenamento massacranti prenderà presto il suggestivo nomignolo di "Demone Daimatsu".
Scrivo cose
Sono tornata a scrivere di una tennista su L’Ultimo Uomo: è Ashleigh Barty, ha vinto il torneo di singolare femminile di Wimbledon per la prima volta quest’anno. Ripercorro la sua carriera fino a qui, la storia tortuosa che l’ha portata a commuoversi tantissimo sabato 10 luglio scorso.
A volte - incredibile! - scrivo cose brevi
In combutta con Tiziana Scalabrin, co-conduttrice del podcast di Fenomeno sul tennis Quiet Please, ho animato la chat Telegram di Zarina durante Wimbledon, per commentare alcune partite del singolare femminile. È stato un esperimento interessante, per me è stata la prima volta.
La sintesi è una dote eccezionale e va allenata moltissimo, come quasi tutto del resto, certo, ma molto più del resto: entrare nei cellulari delle persone è una faccenda delicatissima e quindi per tutto il tempo ho avuto il pensiero ricorrente di non disturbare, o meglio: disturbare il giusto che è appunto il fulcro dell’apprendistato della sintesi.
Ogni cosa è esercizio di scrittura, in fondo.
Per questo numero è tutto.
A presto!
Hai una domanda o un commento?
Puoi scrivermi rispondendo a questa mail.
Se sei qui per la prima volta
Novelz sta per «Novel» più una «z» difettosa: è come dire romanzo, storie, ma con un errore alla fine e quindi darsi delle arie, ma sul più bello pentirsene.
La newsletter
Novelz è iniziata a gennaio 2021. Ci troverai sempre delle storie: le mie, quelle che leggo, quelle che guardo, quelle di sport e quelle deglə altrə che mi piacciono molto, in quest’ordine oppure anche solo a pezzi. Arriva al massimo due volte al mese ed è gratuita.
La (breve) bio della titolare
Vivo a Milano dal 2007, con Simone dal 2012, con Paolo dal 2016 e vicino alla Martesana con molte piante dal 2020. Collaboro con L’Ultimo Uomo e ilLibraio.it e mi trovi qui, su Instagram e (poco) su Twitter.
Ho scritto due libri: l’ultimo si intitola Steffi Graf, lo ha pubblicato 66thand2nd e racconta della prima grande tennista a cui mi sono appassionata.