Novelz | Elena Marinelli
Volée | Un podcast sul tennis
Speciale | Hidden Track
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Speciale | Hidden Track

Con Matteo Renzoni, giornalista di Sky Sport e autore di «Colpi di scena. Le dieci magie del tennis d'autore» (Absolutely Free, 2020) ci chiediamo: come si crea la magia?

La nuova puntata di Volée si intitola Hidden Track e puoi ascoltarla dove vuoi.


L’EPISODIO

Hidden track è una conversazione con Matteo Renzoni, giornalista di Sky Sport, appassionato e giocatore di tennis, autore di Colpi di scena. Le dieci magie del tennis d'autore, pubblicato da Absolutely Free a maggio 2020.

Il libro mi capita sott'occhio in estate, ed è insieme divertente e piacevole. Matteo Renzoni descrive il contesto in cui un colpo di scena nasce nella testa o nella racchetta di un tennista, ne fa la storia, ne ripercorre la magia, la potenza seduttiva sia rispetto al pubblico, sia rispetto al giocatore stesso.

Esiste un godimento profondo nel capacitarsi di eseguire un colpo specifico, e cambiarlo un poco, oppure renderlo visibile sul campo, come fosse una magia. Ma Matteo Renzoni racconta anche come si rincorre il colpo di scena, e lo si immagina prima di farlo, e come spesso di magico ci sia solo la prima illusione, perché il colpo di scena è preparato, studiato e arriva semplicemente dritto al punto.

SOLO PER TE

Rinascere /1: Martina Trevisan

Nel 2009 Martina Trevisan ha sedici anni, gioca i tornei juniores e raggiunge due semifinali di Slam in doppio, a Wimbledon e a Parigi. È considerata una bambina prodigio: riccioli neri, 160 centimetri di precisione di colpi, velocità di esecuzione e dritto mancino.

Durante la sua carriera juniores è certo che la qualità e la capacità avrebbero raccontato una storia di successo, quella di una ragazzina vivace, toscana, dal carattere caparbio e con tanta potenzialità da far sbocciare sul campo in tempo record.
Chiusa nel suo giardino, con le promesse da coltivare, Martina, però, si sente persa e poco al sicuro.

A dicembre 2009 gioca il suo ultimo torneo sulla terra in Spagna: al primo turno incontra la tennista polacca Veronika Domagala e la batte 6 - 1, 6 - 4. Non c'è storia fra le due, perché Martina non pensa, gioca e basta e vince facile. Al secondo turno, invece, perde in tre set da una tennista più grande, Elisa Tamaela: 3 - 6, 6 - 4, 6 - 4.
Si scontra con un'avversaria avanti dieci anni e il futuro, in quel momento, le fa più paura di qualunque altra cosa: degli infortuni che inizia ad accusare, di vincere, di perdere, di imporsi, pure di Serena Williams se se la trovasse di fronte. Non è certa di alcunché che riguardi il domani, Martina: le aspettative ignoranti, i risultati fulgidi sono sicuri, perché non li immagina lei, ma qualcun altro al posto suo. Nel 2009 il futuro le appartiene, ma lei non sa com'è fatto.

«Dentro di me avevo un tarlo. Stavo male e non capivo perché. Soprattutto, avevo paura a dirlo. Sentivo di non essere più in grado di gestire quel che mi girava intorno. Le pressioni sul mio rendimento, i problemi in famiglia. A ripensarci ora, avrei dovuto fermarmi e scendere: forse non mi sarei ammalata. Ma andava tutto così veloce, e io era una adolescente. Che all’improvviso si è sentita schiacciata da un peso enorme. Che non è andato via neanche quando ho deciso di smettere.»

Il buio dura cinque anni, durante i quali soffre di anoressia, non sa chiedere aiuto, e solo quando lo fa, prova a rimettersi in sesto, a riprendersi la sua vita e a tornare a giocare a tennis, prima come insegnante, per ricominciare anche a lavorare, poi come tennista professionista.
La prima volta in cui le sue cosce forti di atleta non le suggeriscono di vomitare è a un Open a Pontedera, vicino casa, lontano da tutti gli occhi che pensano di saper leggere il futuro, e solo quando non si fa più così schifo.
Un pezzo alla volta, si riprende un posto nel tennis mondiale, da Innsbruck nel 2014 a Biarritz nel 2016.

Nel 2020, Martina Trevisan gioca un incredibile Roland Garros. Ci fa commuovere, e non solo per il fatto che sia lì a giocarsi il posto, ma perché è palese la voglia che ha di tornare. Ha gli occhi brillanti di un obiettivo raggiunto, che somiglia tanto al gioco perché somiglia alla vita.

A Parigi parte dalle qualificazioni e si ferma solo ai quarti di finale contro Iga Swiatek (che vincerà lo Slam, alla fine): torna a ventisei anni, senza la paura di ammettere di avere avuto un problema invalidante e di avere impiegato tutte le energie possibili per superarlo. Al di là delle predestinazioni e delle previsioni sciupate, non era scritto che sarebbe tornata e quando ha ricominciato a giocare lo ha fatto perché aveva bisogno di riannodare un filo che si era spezzato brutalmente, senza pensare nemmeno per un giorno al 2020, quando a Melbourne esce contro Sofia Kenin, che vincerà lo Slam, quando dopo Acapulco è ormai convinta di voler giocare ma è marzo e l'Italia è in quarantena; né tantomeno a settembre, durante il Roland Garros più strambo di sempre, un torneo malinconico di fine estate senza nemmeno il pubblico.

Martina gioca le migliori partite in assoluto, dal derby contro Camila Giorgi fino al quarto di finale contro Iga Swiatek.
Le gare più entusiasmanti stanno nel mezzo, contro Coco Gauff, contro Maria Sakkari e infine contro Kiki Bertens, non solo per la progressiva fiducia che riconquista, ma per la naturalezza nel mostrarsi spesso sorridente durante le partite, per la fierezza di essere testimone di una rinascita, di una possibilità che aiuta a sopravvivere.
L'errore che potremmo fare, a guardarla, è scambiarla per quella che era, sotterrata dalle ossa che si spezzano per il poco cibo ingerito. O peggio: confrontarla con quella che era, rimetterla dentro le aspettative più certe, perché di scritto nel Roland Garros di Martina Trevisan non c'è niente, ma solo una possibilità guadagnata ogni partita vinta.

Se vuoi rivederli, ci sono gli highlight della partita contro Kiki Bertens, vinta 6 - 4, 6 - 4, senza pubblico e commento.

Il tennis di Martina Trevisan è profondo e molto preciso, e non le mancano capacità di spezzare il ritmo e qualche variazione: al minuto 10 circa del video trovi un esempio.

Rinascere /2: Francesca Schiavone

A proposito di Roland Garros, ma quello del 2010, la vincitrice è Francesca Schiavone che batte Samantha Stosur 6–4, 7–6, mangiando la terra di Parigi alla fine della partita: l'aveva promesso. È stata la prima tennista italiana a vincere uno Slam. 
La mia rinascita è uscito lo scorso ottobre per Mondadori e racconta non solo la carriera, ma anche cosa è successo quando scopre di essere malata e come è rinata, appunto, dopo la guarigione.

Il libro di Francesca Schiavone non è solo il racconto di come si usa il talento, dei sacrifici, del supporto della famiglia per giocare a tennis, dei tornei, ma anche di come si diventa campionessa e di come è difficile rimanerlo. 

La mia idea quando giocava era che avesse sempre molto rispetto e passione per il suo sport, ma ciò che mi era poco chiaro allora e ho trovato invece nel libro è come il tennis sia stata ed è tuttora una lente di ingrandimento della sua vita. Passa l'idea forte che lo sport può insegnare a trovare un posto nel mondo e anche delle risorse utili quando la vita va dove le pare senza chiedere il permesso.

Rinascere /3: rifarsi la faccia

Il 2 dicembre scorso l'associazione internazionale di tennis femminile, WTA, ha fatto vedere per la prima volta il nuovo rebranding: sito nuovo, logo nuovo e allineamento delle categorie dei tornei a quelli maschili ATP. Ci saranno i WTA 1000, i WTA 500 e i WTA 250.

Il logo attivo dal 2010 al 2020 era stato a sua volta un aggiornamento molto netto di quello precedente, in cui compariva una silhouette di tennista mentre esegue il rovescio a due mani.

Non poteva che essere Venus Williams.

Nel 2010 si arrivava all'impersonalizzazione: il regno delle sorelle Williams stava per finire,  l'epica del rovescio a due mani mal digerito pure e l'esempio di una sola atleta non sarebbe andato bene per tutte. Il logo WTA è diventato un ovale, come la racchetta e come la velocità che si imprime alla pallina, con l'acronimo dell'associazione.

Era stato ideato da una agenzia di comunicazione internazionale con la seguente intenzione: «We created a mark that is unusual in professional sports, and its appropriately bold identity will over time come to recall the incredible athletes that represent women’s tennis.»

Nel 2020 il tennis femminile è ancora la sorella minore del tennis maschile? È un altro sport? È giocato meno bene? Ovviamente no, e l'idea di Landor Australia, del collettivo, del «tutte per una, una per tutte» al passo con i tempi può stare dentro una silhouette?

La silhouette è un contorno, ma è anche un contenitore. Dentro ci si può mettere ciò che si vuole, segue chiunque. Può diventare un fantoccio senza anima, oppure un'occasione per dare uno spazio a tutte. Essendo ambivalente, non basta da sola: ha bisogno del passato (l'acronimo, i colori), del presente (la testimonianza parlante di ogni giocatrice, la pluralità e l'inclusione) ma anche del futuro. La silhouette ha dei confini, certo, e quindi dei limiti, e da sola forse non avrebbe l'impatto che ha: la silhouette del nuovo logo non è immobile, ma sta eseguendo un servizio, dà motore al gioco.

La scelta del servizio rispetto a quella del rovescio a due mani è una scelta che è un manifesto: il rovescio a due mani è un colpo che ha dovuto soffrire per farsi accettare, è stato sdoganato con il tempo e con le campionesse, ed è l'emblema del gioco femminile declinato a partire dalle differenze, sottolineando la differenza, facendolo diventare centrale.

Il lancio del rebranding è stato accompagnato da una campagna marketing dal titolo WTA for the Game, il cui video inizia con Venus Williams (è un caso? Noi imbevuti di semiotica crediamo di no) e racconta di una associazione che prende le mosse dal passato per scaraventare tutte nel futuro, in un impegno condiviso per il gioco, per lo sport e per le prospettive di ognuna: si vince un po' per tutte, non solo per sé.

Cosa accadrà la prossima volta?

Roger Federer ha una proposta globale.

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Novelz | Elena Marinelli
Volée | Un podcast sul tennis
Di Elena Marinelli.<br />«Il tennis è la combinazione perfetta di un'azione violenta che si sviluppa in un'atmosfera di totale tranquillità.» (Billie Jean King)<br />Storie e racconti di tennis, a voce alta.
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